martedì 29 maggio 2012

Pier Paolo Pasolini: L'importanza del volto

 di Manolo Trinci



Se il cinema è Arte, Pasolini è il più grande esponente dell'arte cinematografica.
Già nel suo primo film "Accattone", del 1961, si può asserire sicuramente che Pasolini usi la macchina da presa come una tela vera e propria, incorniciando il volto umano e descrivendo in modo accurato la realtà. Come disse Alberto Moravia in un'intervista rilasciata a "Comizi d'amore", Pasolini portava sullo schermo il cinema verità, una trasposizione che però non fu mai apprezzata dal "grande pubblico". Infatti il regista non ebbe mai vita facile, appena un suo film veniva portato nelle sale cinematografiche, era oggetto di critica, veniva puntualmente contestato, in modi aspri e violenti. Famosa alle cronache, la contestazione che "Accattone" subì alla prima al cinema Barberini, dove si presentarono dei neofascisti che lanciarono bottiglie d'inchiostro, fiale puzzolenti, bombe carta e ortaggi, tra cui i finocchi vergognosamente allusivi all'omosessualità.



  Un fermo immagine tratto dal film "Accattone" del 1961


Scrive Bernardo Bertolucci nella introduzione di "Pasolini per il cinema" - i due volumi dei Meridiani (2001) in cui sono raccolte tutte le sceneggiature dei film realizzati e anche i progetti non attuati o scritti per altri registi da Pasolini - "[...] mi aspettavo di tutto, ma non di assistere alla nascita del cinema [...] Inchiodava la macchina da presa davanti alle facce, ai corpi, alle baracche, ai cani randagi nella luce di un sole che a me sembrava malato e a lui ricordava i fondi oro: ogni inquadratura era costruita frontalmente e finiva per diventare un piccolo tabernacolo della gloria sottoproletaria [...]".
Bertolucci all'epoca era un giovane inesperto, che abbandonò gli studi per entrare nel mondo della settima arte. Ebbe l'onore di fare da assistente a Pier Paolo Pasolini (all'epoca suo vicino di casa), nel suo film d'esordio.





Franco Citti nel ruolo di Vittorio Cataldi, detto Accattone
 

Questa "tecnica" e cruccio dell'intellettuale, che Bertolucci ricorda nei Meridiani, è una sorta di visione ultraterrena e rispettosa delle borgate, un contesto fuori dal mondo dove lo scrittore ha "divinizzato" i volti dei "Ragazzi di Vita", dei suoi "attori", rendendoli quasi Sacri. Attori-interpreti di una realtà quotidiana che si ripeteva anche a "telecamere spente". Questa è la potenza dei film di Pasolini: ricostruire ma non troppo, entrare con la telecamera senza intralciare, senza invadere il normale andamento della vita di borgata, in questo caso. I volti dalle inquadrature simili a vere e proprie opere, i volti  che dovrebbero essere vissuti ed interpretati ad ogni inquadratura premendo il tasto "pause" del telecomando, per godersi appieno il dramma di questi personaggi. 
Il film è tutto là, racchiuso in ogni volto: non vi è bisogno di una storia che abbia un senso logico e cronologico. Il sottoprelatariato delle borgate romane era così, si viveva alla giornata, si sopravviveva, non c'era differenza tra il giorno e la notte, e in casa a volte neanche si tornava. Si derubavano ciechi e clochard pur di "tirare a campare", e si moriva facilmente, come spiegherà benissimo lo scrittore bolognese nei suoi romanzi.
Registi che amano le inquadrature di quel livello ce ne sono pochi, si può fare un parallelo con il regista
coreano Kim Ki-duk, un pittore e regista che in una sua opera, "Ferro 3" del 2005, non fa parlare gli attori per tutta la durata del film, tranne in piccolissime scene, lasciando spazio ad inquadrature e primi piani molto espressivi, quest'ultimo però, può disporre di attrezzature e tecnologie che all'epoca non c'erano, anche questo amplifica la grandezza di Pier Paolo Pasolini.

Questa sorta di idealizzazione, questa visione informale e divina di Pasolini ci viene confermata dalle parole di Bertolucci, il sole che faceva da sfondo a queste figure leggendarie, che ricordano le opere del miglior Klimt, e le iconografie cristiane che rappresentano il Cristo. Possiamo riconoscere nella figura di Accattone (Franco Citti) una sorta di martire e Re delle borgate romane, che cerca di "sbarcare il lunario" come può, facendo prostituire le "sue donne".






Silvana Corsini nel ruolo di Maddalena






Adele Cambria nel ruolo di Nannina


Questa ricerca e tecnica che si sofferma al volto umano conferendogli  una grande importanza  è nota con il nome di fisiognomica, una disciplina pseudoscientifica che pretende di dedurre caratteri psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico, soprattutto dai lineamenti e dalle espressioni del volto umano. Il volto come "stato d'animo", ebbe un ruolo fondamentale nell'arte, per descrivere un atto o il carattere di un determinato personaggio rappresentato.



Leonardo Da Vinci, "Testa di uomo urlante" 1500-1505, 
Szépművészeti Múzeum, Budapest


"Farai delle figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell'animo: 
altrimenti la tua arte non sarà laudabile." - Leonardo da Vinci -

sabato 5 maggio 2012

Recensione film: "Pasolini Prossimo nostro" di Giuseppe Bertolucci



 Recensione del film: "Pasolini Prossimo nostro" (2006)
di Giuseppe Bertolucci

di Manolo Trinci
 
Pier Paolo Pasolini in un fermo immagine tratto dal film "Pasolini prossimo nostro"
di Giuseppe Bertolucci

 
In questo film-intervista il regista parmense Giuseppe Bertolucci ci mostra un Pasolini tranquillo, deciso, che descrive lucidamente il mutamento della società e dell'essere umano attraverso il dietro le quinte di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" del 1975, scritto (inizialmente con la collaborazione di Sergio Citti, che successivamente abbandonò il progetto) e diretto da Pier Paolo Pasolini. In "Pasolini prossimo nostro" del 2006, si può scorgere l'intellettuale in tutta la sua passione e professionalità, che si lascia seguire e riprendere dalla troupe capeggiata dal giornalista Gideon Bachmann, che lo intervisterà per tutto lo speciale. Salò è un film come dirà più volte Giuseppe Bertolucci, che ancora oggi, - nonostante l'era del consumismo galoppante, della pornografia "free" di internet, della libertà fittizia, della tv spazzatura dove la donna è relegata al ruolo di "grechina"- sarebbe inconcepibile, sia solo lontanamente pensarlo che soprattutto produrlo. Ecco, inconcepibile è un aggettivo che rispecchia perfettamente l'ultima opera postuma di Pier Paolo Pasolini (morì prima che il montaggio del film fosse ultimato). Come lo stesso Pasolini ammise, Salò, oltre ad essere parzialmente ispirato al romanzo del marchese Donatien Alphonse François De Sade, "Le centoventi giornate di Sodoma", appunto, sono molte ed evidenti le citazioni e i riferimenti alla "Divina Commedia". Il film, infatti, ha una struttura che richiama l'inferno dantesco, con un "anti inferno" e tre gironi: quello delle Manie, quello della Merda e quello del Sangue. Il senso di questo film senza troppi giri di parole viene esternato chiaramente dall'intellettuale nell'intervista a Bachmann:

"Il reale senso del sesso nel mio film è quello che dicevo, cioè una metafora del rapporto del potere con chi gli è sottoposto. Tutto il sesso di De Sade, cioè il sadomasochismo di De Sade, ha dunque una funzione ben specifica, ben chiara. Cioè quella di rappresentare ciò che il potere fa del corpo umano, la riduzione del corpo umano alla cosa, la mercificazione del corpo. Cioè praticamente l'annullamento della personalità degli altri, dell'altro. E quindi un film non soltanto sul potere, ma su quello che io chiamo "l'anarchia del potere", perché nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario, o dettatogli da sue necessità di carattere economico che sfuggono alla logica comune. Ma oltre che un film sull'anarchia del potere, questo vuole essere un film sull'inesistenza della storia. Cioè la storia così come vista dalla cultura eurocentrica, il razionalismo e l'empirismo occidentale da una parte, il marxismo dall'altra, nel film vuole essere dimostrato come inesistente... beh! Non direi per i nostri giorni, lo prendo come metafora del rapporto del potere con chi è subordinato al potere, e quindi vale in realtà per tutti. Evidentemente la spinta è venuta dal fatto che io detesto soprattutto il potere di oggi.
È un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti".



Una drammatica, reale, lucida descrizione della fine della diversità e unicità dell'individuo. Ciò che diversificava un individuo da un altro era la professione, il luogo di nascita, il modo di vestirsi e di comunicare. Tutto ciò praticamente non esiste più, riconoscere un operaio da un medico oggi, visivamente, è quantomeno impossibile. L'ideologia "partitica" del drappo che lascia il posto alla "bandiera del vestito" come la definirà Pasolini, l'ideologia del consumo, o di un certo tipo di prodotto, fieramente esternato.



Audio tratto dal documentario di Lorella Zanardo,"Il corpo delle donne"

Una trasposizione quindi, sul grande schermo dell'anarchia del potere, che manipola i corpi, che rende l'individuo un corpo inerme sotto i dettami del potere, che lo spinge a consumare formaggini e brodi, definiti nel film di Bertolucci dal poeta bolognese, della vera e propria merda. "Pasolini prossimo nostro" mostra un intellettuale nonostante le forti censure, polemiche e attacchi subiti quotidianamente, tranquillo e concentrato nel suo lavoro, con la sua voce inconfondibile, calma e soave, che dirige una troupe che opera in modo serio e meticoloso sotto la sua supervisione. E' interessante scoprire come l'avvenirista intellettuale tocchi argomenti attualissimi oggi, non solo quelli legati all'omologazione e al consumismo, ma anche quelli legati alla coppia eterosessuale unica e sola accettata socialemente. La coppia monogamica eterosessuale, costruita dalla società dei consumi, in modo tale da farla anch'essa consumare, di creare dei prodotti per la coppia unica, obbligatoria e limitante. In Salò lo scrittore non cercava la spontaneità e la genuinità che i volti dei "Ragazzi di vita" gli garantivano, e che gli hanno garantito in passato fantastici risultati (vedi "Accattone"), ma dei professionisti nel senso puro del termine. Per questo la scelta cadde su attori di spessore come Paolo Bonacelli. "Salò o le 120 giornate di Sodoma" è un film maledetto oltre che inconcepibile. Il film subì devastanti contestazioni e censure in ogni dove. Dopo qualche settimana dalla sua uscita in Italia, fu sequestrato dal Procuratore della Repubblica di Milano, che aprì un procedimento penale contro il produttore Alberto Grimaldi. Durante la lavorazione di quest'opera furono rubate addirittura le bobine del film, un gesto atto a sabotare, a nascondere, a far tacere... gesto tutt'ora irrisolto, e che forse costò la vita al poeta. Pasolini ne aveva tanti di nemici, anche tra i suoi "colleghi" intellettuali, quindi non è semplice riconoscere "la mano" di questo ignobile gesto. Questo film è tuttora inedito nelle televisioni "in chiaro", solo una tv a pagamento, la scomparsa Stream, ebbe il "coraggio" di mandarlo in onda nel lontano, ormai, 2 novembre 2000 per i 25 anni della morte dello scrittore. L'opera pasoliniana ispirata al romanzo di De Sade, non è rivolta a tutti, perché non verrebbe capita, soprattutto da una mente semplice che concepisce il cinema non come Arte, ma come semplice passatempo, da storia romanzata con un bel lieto fine infiocchettato.



 Il film completo "Pasolini prossimo nostro" di Giuseppe Bertolucci